Il risarcimento del danno tra prove e giudizio

Last Updated on 17 Marzo 2024 by Gianluca Sposato

Il risarcimento del danno tra prove e giudizio

Per avere diritto al risarcimento del danno bisogna dimostrare il nesso di  causalità tra la condotta illecita subìta e il danno riportato. 

La prova da fornire deve essere dettagliata e precisa per avere valore legale.

Il danno deve essere una diretta conseguenza dell’azione, o dell’omissione, del  soggetto responsabile e può derivare da un comportamento illecito, o da inadempimento contrattuale.

Oneri del danneggiato per provare il danno

Il danneggiato che abbia riportato un danno, patrimoniale o non patrimoniale, per ottenere il relativo risarcimento ha l’onere:

  1. di descrivere dettagliatamente il fatto, indicando le modalità e le conseguenze sulla sula salute e sulla sua vita relazionale e lavorativa;
  2. di allegare la relativa documentazione che comprovi il danno stesso ed il nesso di causalità con la condotta del danneggiante, oltre ad articolare dettagliatamente i capitoli di prova sulle circostanze che intende provare con i nominativi dei relativi testimoni.

Le allegazioni che devono accompagnare la proposizione di una domanda risarcitoria, secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 691/12), non devono essere limitate alla sola prospettazione della condotta colpevole della controparte.

Il danneggiato deve descrivere dettagliatamente le lesioni, patrimoniali e non patrimoniali, prodotte dalla condotta del responsabile civile, mettendo il  convenuto in condizione di conoscere quali pregiudizi vengono imputati al suo comportamento, a prescindere dalla loro esatta quantificazione e dall’assolvimento di ogni onere probatorio al riguardo.

Quali criteri deve adottare il giudice per la valutazione del danno?

Il giudice deve compiere ogni sforzo, nei limiti del principio dispositivo e dei poteri attribuitigli dall’ordinamento giuridico, per la liquidazione del danno patito dalla vittima.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24469/14, ha rammentato che la vittima di una fatto illecito ha diritto alla massima tutela, imponendo al giudicante zelo solerte nella conduzione dell’istruttoria e logica stringente nella motivazione delle proprie decisioni.

In base a tale principio non ammettere le prove a sostegno della propria richiesta risarcitoria e giudicare in assenza di queste rappresenta una condizione di  impugnazione della sentenza per nullità della stessa.

Infatti la Cassazione, con sentenza n. 3011/2021, ha precisato che è causa di nullità rigettare le prove che siano ammissibili e poi la domanda perché non provata, come è causa di nullità della sentenza ritenere una testimonianza non esaustiva senza previamente porre al testimone domande a chiarimento d’ufficio  (Cass.  17981/20).

Il giudice come procede alla liquidazione del danno?

Il giudice deve spiegare quali criteri ha adottato per la liquidazione del danno ed in che misura ha tenuto conto delle peculiari circostanze che sono state allegate e provate.

Un problema, con riferimento ai criteri di quantificazione del danno biologico  nella medicina legale, si pone in ordine al barème, che oltre ad essere scelto dal  giudice deve essere unico per tutti i casi, oltre che scientificamente condiviso ed aggiornato per non creare disparità di trattamento (Cass. 1174/21).

Valutazione del danno e barèmes medico legali

I barèmes sono tabelle elaborate dalla medicina legale che esprimono in misura percentuale il livello di disfunzionalità rispetto alla sfera quotidiana di attività  dell’essere umano.

I principali barèmes in uso sono stati elaborati da Buzzi, Barbagna e Ronchi-Mastroroberto-Genovese con criteri di valutazione che non coincidono e che, pertanto, comporterebbero valutazione della stessa tipologia di danno in misura differente ove non venga stabilito univocamente a quale barème fare riferimento.

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